La Licia Ronzulli d'America
Qualche aggiornamento dal processo Trump e cosa la psicologia ci dice di questi candidati così anziani
Buongiorno!
sono Benedetta e questa è Quarantasette, la newsletter di Generazione sulla campagna elettorale americana. Alle prossime elezioni presidenziali mancano 166 giorni.
Settimana scorsa non ci siamo sentiti e nonostante ciò potrebbe essere indicativo di svariati arretrati di cui discutere, in realtà non è così. C’è qualche aggiornamento sul caso Trump, di cui si sta occupando il povero tribunale di Manhattan e poi l’infelice - ma definitiva - uscita dell’anziano Biden: «Fatemi essere chiaro, contrariamente alle accuse mosse contro Israele da parte della Corte internazionale di giustizia, quello che sta accadendo non è un genocidio. Respingiamo questa accusa e saremo sempre al fianco di Israele contro le minacce alla sua sicurezza».
È sempre più complesso, dato questo posizionamento, immaginarsi una sua vittoria schiacciante contro Donald Trump a novembre. Sta deludendo molti degli elettori democratici, specie i più giovani. Noi intanto,
Iniziamo.
Immaginate che nell’ambito del lunghissimo e asfissiante processo Ruby, l’attuale senatrice Licia Ronzulli avesse raccontato qualcosa di molto grave riguardo Berlusconi, o avesse confessato di essere stata lei - personalmente - ad aver pagato le “olgettine” per i loro servizi. Sinteticamente, e senza neanche sforzarsi troppo, è quello che è successo negli ultimi giorni a Trump, che si è visto voltare le spalle da Michael Cohen, suo avvocato e “fixer” dal 2006 al 2018.
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Durante la sua testimonianza, infatti, Cohen ha ammesso di aver approvato personalmente un pagamento di $130,000 all’attrice di film per adulti Stormy Daniels, nel 2016. Ha aggiunto che Trump, in quel periodo, era più interessato a seppellire questa storia - temendo che avrebbe influito negativamente sulla sua campagna elettorale - piuttosto che curarsi del suo matrimonio con Melania Trump, ha detto: «non pensava per niente a Melania. Tutto girava attorno alla campagna. E mi ha anche detto, parlandomi del suo matrimonio ‘per quanto pensi che starò ancora sul mercato? non molto secondo me’».
Cohen ha raccontato in che tipo di rapporto lavorativo erano lui e Trump, dicendo che parlavano ogni giorno, che aveva tutti i suoi numeri di cellulare e che se non riusciva a contattarlo attraverso questi aveva quelli dei suoi assistenti e guardie del corpo, che lo mettevano in contatto con lui. A un certo punto, ha raccontato, i due avevano “sincronizzato” i loro telefoni, così Cohen aveva a disposizione tutti i 3,000 contatti collezionati dall’ex presidente.
La sua testimonianza, oltre ad aver sostanzialmente dato le conferme che l’accusa cercava, ha anche risposto ad alcune delle domande che aleggiavano attorno a questo caso. Cohen ha detto che lui e Trump hanno discusso più volte del pagamento e di quanto potesse essere pericoloso per la sua campagna elettorale che una storia di questo tipo divenisse pubblica. Ha raccontato anche di aver preso parte ad una riunione con Trump e David Pecker, CEO del National Enquirer - un settimanale di gossip - in cui i tre hanno discusso di come nascondere le storie che coinvolgevano Trump e altre donne, che potenzialmente avrebbero potuto rovinare la sua immagine. Alla testimonianza, quindi, che ci fosse una discussione riguardo la sua relazione con Daniels e - più in generale - con altre donne, gli avvocati di Trump hanno risposto che ciò che l’ex presidente domandava a Cohen era, semplicemente, di aiutarlo a diminuire le storie che circolavano sulla sua infedeltà.
Tra le cose che Cohen ha raccontato di aver sentito dire da Trump, rispetto a questa situazione, c’è anche una frase che riassume il vero senso politico di questo insabbiamento. Quando Daniels ha reso pubblico il loro rapporto, avrebbe detto a Cohen: «è un disastro, un disastro totale. Le donne mi odieranno. Perché questo è un vero disastro, le donne mi odieranno». E poi ancora, ha raccontato che Trump gli avrebbe chiesto «quel che voglio da te è che nascondi questa storia quanto possibile. Cerchiamo di superare le elezioni, perché se vincerò non avrà più rilevanza, sarò presidente. Se perdo, non me ne importa nulla».
Tra gli avvocati più noti che stanno accompagnando Donald Trump ne suoi numerosi casi, c’è Todd Blanche. Nella foto qui sopra è il primo a partire da sinistra.
Alcuni giornalisti presenti in aula durante la testimonianza di lunedì, hanno raccontato che Blanche ha urlato a Cohen di essere un bugiardo. Dopo l’interrogatorio di Cohen, in cui la difesa dell’ex presidente ha potuto fare ogni domanda possibile per provare a dimostrare la sua malafede, sembrerebbe che Blanche abbia nuovamente perso le staffe, che abbia preso il microfono e urlato che Cohen ha inventato delle prove contro il proprio cliente e che stesse mentendo.
La stampa statunitense sta dipingendo Cohen come il testimone chiave, colui che potrebbe portare davvero alla condanna di Trump e che ha in mano il destino di questa storia. Nonostante, in realtà, ci sia molto altro oltre a lui, è stato il simbolo più importante di questo processo, per cui è stato ospite di numerose interviste, podcast e via dicendo. Di fronte a Trump o i suoi avvocati appare come un uomo mite, con la giustizia dalla sua parte, ma ospite ad un podcast ha detto: «spero davvero che quest’uomo finisca in prigione, cazzo. La vendetta è un piano che va servito freddo, e dovete credermi quando dico che vorrei che quest’uomo vada a fondo e marcisca dentro per ciò che ha fatto alla mia famiglia».
Questo caso è importante perché è l’unico - di tutti quelli in cui è coinvolto Trump - che si concluderà prima delle elezioni. Per recuperare di cosa si parla e come siamo arrivati fino a qui c’è questo vecchio numero della newsletter. Per sapere di più di questa udienza chiave, c’è questa puntata di “Elettorale Americana”, il podcast de Il Manifesto sulla corsa presidenziale.
Instancabilmente, si continua a parlare anche dell’età dei due candidati presidenziali, che sembra essere la cosa che più preoccupa gli americani, anche di più delle accuse che li riguardano.
Il giorno in cui si voterà per il prossimo presidente, Donald Trump avrà 78 anni e il presidente Joe Biden ne avrà quasi 82. Sono i candidati più anziani mai scelti da entrambi i loro partiti.
A marzo, la Marquette Law School ha fatto un sondaggio in cui è risultato che il 77% dei partecipanti considerano Biden “troppo vecchio per essere presidente”, mentre il 52% ha espresso lo stesso giudizio per Trump. In un altro sondaggio, di aprile, Pew Research ha registrato che il 62% delle persone coinvolte considerano che Biden non ha “l’elasticità mentale richiesta da questo lavoro”, mentre il 48% dicono questo di Trump.
Il Washington Post, per fare chiarezza sull’anzianità dei candidati, ha intervistato alcuni professori universitari e ha concluso che - sostanzialmente - l’età avanzata è sintomo non solo di fragilità mentale e fisica, ma anche e soprattuto di saggezza. Earl Miller, professore di neuroscienze al MIT, ha detto «è molto importante ricordare che più è anziano un cervello più è saggio. La conoscenza e l’esperienza contano molto, e questo può essere molto più importante di qualche vuoto di memoria risultato dell’età». Sempre lui, ha detto che con l’età sono inevitabili “inceppamenti” verbali e qualche errore, che poi vengono ingigantiti dai media.
Charan Ranganath, professore di psicologia e neuroscienza all’Università della California, ha detto «nel mio lavoro clinico, è frequente vedere persone che sembrano giovani e vitali con problemi di memoria che non gli consentono di ragionare correttamente. È ho visto persone che sembrano anziani, fragili, che parlano piano e si muovono piano, avere un ottima memoria ed essere perfettamente capaci di vivere da soli e lavorare da soli».
A febbraio, l’amministrazione Biden ha pubblicato un memorandum di sei pagine, che potete leggere qui, in cui si riassume la condizione fisica del Presidente. La persona che si occupa della sua salute, il dottor Kevin C. O’Connor, ha detto che Biden è «un 81enne in salute, attivo e robusto, che è in forma per eseguire correttamente i doveri che derivano dalla Presidenza». Tuttavia, nel documento, non ci sono informazioni sulla salute psicologica del Presidente, perché qualsiasi test di tipo cognitivo è stato abilmente evitato.
Cose che ho letto-visto-ascoltato questa settimana:
Ho recuperato diverse puntate di Elettorale Americana, l’ottimo podcast de Il Manifesto sulla campagna elettorale. Si può ascoltare qui
Grazie per aver letto questo numero di Quarantasette. Noi ci sentiamo mercoledì prossimo.