La politica dei disastri
Come l'uragano Helene sta riportando il cambiamento climatico nell'agenda di queste elezioni
Buongiorno!
sono Benedetta e questa è Quarantasette, la newsletter di Generazione sulla campagna elettorale americana. Alle prossime elezioni presidenziali mancano 33 giorni.
Se siete abituati a scrollare su TikTok, negli ultimi giorni vi sarete sicuramente imbattuti in decine di video tipo questo, in cui famiglie residenti negli Stati Uniti si preparano all’arrivo dell’uragano Helene. Molte delle persone che hanno condiviso online questi momenti hanno mostrato i propri rifugi sotterranei, automobili piene di valige e oggetti personali, mobili impacchettati e arredamento da esterni gettato in piscina per evitare che si alzi in aria durante il passaggio della tempesta. Da giovedì scorso, infatti, alcuni Stati sono stati colpiti dal passaggio dell’uragano più intenso di questo secolo.
Il conteggio delle vittime tenuto da CNN segnala, ad oggi, almeno 128 morti. Davanti a catastrofi di questo tipo anche la campagna elettorale si fa meno rumorosa. È interessante, però, capire come i due candidati hanno reagito a questi fatti e come trattano il tema del cambiamento climatico.
Iniziamo.
Il 17 settembre il National Hurricane Center, ha detto che nella zona sud del Mar dei Caraibi sarebbe potuto passare un ciclone tropicale. A favorire la formazione di questa particolare condizione atmosferica sarebbe stata l’interazione tra il Central American gyre - una zona di bassa pressione stagionale che interessa il Mar dei Caraibi - e la bassa pressione dovuta invece ai monsoni di ottobre. Il 22 settembre, nel sud del Mar dei Caraibi, si è verificato questo intreccio di venti caldi e di pressione atmosferica, consolidando tutti i fenomeni climatici legati ad un uragano: forti piogge, anche chiamate “docce”, tempeste e venti che viaggiavano intorno agli 84 km/h. Le condizioni si sono intensificate, finché i venti non hanno raggiunto i 130 km/h, accedendo al Golfo del Messico e salendo verso nord. In questa fase, l’uragano ha incontrato l’alta pressione nel sud degli Stati Uniti, che l’ha quindi spinto verso la costa del golfo.
La mattina del 26 settembre l’uragano ha raggiunto la categoria 2 di intensità - solo quattro ore dopo era già sul livello 4 con una intensità massima dei venti a 220 km/h. Alle 3:10 del mattino Helene è entrato nella zona sud della Florida, nella città di Perry, segnando il proprio passaggio come il più violento dell’ultimo secolo. Entrato in Florida, l’uragano ha lentamente indebolito la propria intensità, arrivando ad una categoria 2 e avviandosi verso la zona centrale della Georgia.
Il governatore della Florida è Ron DeSantis, un repubblicano che per un periodo rispettabile di tempo è stato in corsa contro Donald Trump per rappresentare il proprio partito in queste elezioni. Il 23 settembre ha dichiarato lo stato di emergenza per 41 contee della Florida, il giorno dopo per 61. Quasi tutte le attività previste per quei giorni sono state annullate: lo zoo e i giardini botanici sono stati chiusi, quasi tutti i college hanno chiuso i propri campus e diversi licei locali hanno trasformato le proprie strutture in luoghi di accoglienza e rifugi per chi ne aveva bisogno. Il 24 settembre diverse zone sono state evacuate con la forza; nonostante questo, sono rimaste piene le due prigioni che compongono il complesso del Wakulla Country e che ospitano più di 2,500 detenuti e che - potremmo dire - si trovavano nell’occhio del ciclone. Sono stati poi chiusi anche gli aeroporti e le strade principali, ordinando a tutti di rimanere in casa e - se possibile - raggiungere un rifugio privato o pubblico.
In Georgia, invece, il 24 settembre sono stati aperti i primi rifugi pubblici, e il governatore repubblicano Brian Kemp ha dichiarato lo stato di emergenza. Il giorno successivo sono state chiuse la maggior parte delle scuole, sono stati cancellati gli eventi all’aperto e chiusi i siti turistici. I New York Mets hanno cancellato la loro partita contro gli Atlanta Braves (anche questo è importante) e il candidato vice-presidente repubblicano JD Vance ha cancellato due eventi della propria campagna elettorale previsti nelle zone più a rischio. Il 27 settembre la Delta Airlines ha annullato tutti i propri voli, seguita poi da altre compagnie aeree, il cui forfait ha portato alla chiusura degli aeroporti.
Nel South Carolina il governatore repubblicano Henry McMaster ha promulgato lo stato di emergenza e ha chiuso il parco nazionale, così come tutti i punti d’interesse turistico. Nel North Carolina il governatore democratico Roy Cooper ha dichiarato lo stato di emergenza e chiuso quasi tutte le autostrade. In questo momento Helene sta passando proprio per le montagne del North Carolina, causando molti più problemi di quelli previsti per questa zona.
Oggi, più di un milione di americani in Georgia, South e North Carolina sono senza corrente elettrica. Più di 500 soldati della National Guard statunitense sono stati mandati a soccorrere le persone nelle città più danneggiate, conducendo circa 100 operazioni di salvataggio solo nel North Carolina. Sempre qui sono stati tratti in salvo circa 200 animali domestici, estratti dalle macerie delle loro abitazioni.
Secondo Associated Press, Helene ha causato il peggior allagamento nella storia degli Stati Uniti: 700,000 case nel South Carolina sono senza corrente, 500,000 in Georgia e 400,000 nel North Carolina.
La Croce Rossa americana ha annunciato che ha aperto più di 140 rifugi in giro per la nazione, per le circa 9,400 persone che hanno dovuto abbandonare la propria abitazione. Una prima stima suggerirebbe che i danni economici ammontano a circa 145-160 milioni di dollari.
Il servizio postale statunitense ha detto che la situazione climatica ritarderà la consegna e la spedizione della posta, mentre la compagnia USPS ha annunciato di aver interrotto i propri servizi di consegna negli Stati più danneggiati. Questo dettagli ci interessa perché negli Stati Uniti c’è la possibilità di inviare il proprio voto via posta ed un processo che si conclude molto prima dell’inizio dell’apertura delle urne. Nel North e nel South Carolina il voto via posta era stato già tardato dalla rinuncia alla corsa di Robert F. Kennedy Jr., che hanno dovuto rimuovere dalle tessere di voto. La spedizione dei plichi per il voto è iniziata il 20 settembre e - ad oggi - è completamente ferma. Qualcuno è rimasto in mano con la propria busta e non sa quando potrà spedirla, qualcuno l’ha persa o danneggiata, ad altri non è proprio arrivata.
Mentre in Florida e in Georgia si assistono gli sfollati, si tenta di progettare una ricostruzione e un modo per svuotare strade e abitazioni da acqua e fango, continua la ricerca delle persone disperse - soprattuto nel North Carolina. Farlo, in questo momento, significa avere a disposizione unicamente torce a batteria, pochissima corrente elettrica, connessione internet praticamente assente ed acqua centellinata. Le piccole comunità in questi Stati sono quelle più colpite, perché spesso isolate e difficili da soccorrere immediatamente.
Un po’ di foto per dare un’immagine a queste parole.
Che grande occasione elettorale che sono le tragedie. Se c’è una cosa meravigliosamente americana in cui i politici si sono specializzati sono le passerelle: Trump è già in Georgia, con un cappello rosso “Make America Great Again”, impegnato in quella che in molti chiamano la “politics of disaster”, appunto: una passerella tra la distruzione.
Venerdì scorso, durante un comizio, Trump ha rivolto un pensiero alle persone colpite dall’uragano: «Siamo con voi fino alla fine, e se ci fossimo stati noi, vi staremmo aiutando». Poi ha chiosato con un simpatico «You’ll be okay», cioè «Andrà tutto bene\Starete bene». L’account della campagna elettorale di Harris ha condiviso il video di questo intervento dicendo che Trump sta sottovalutando o addirittura degradando il disastro in corso, mostrando poca empatia.
In realtà, online ma non solo, molti sostenitori democratici stanno da tempo additando Trump per la sua mancanza di attenzione ai temi legati al cambiamento climatico, che è - ovviamente - la causa di questo aumento sproporzionato di uragani e eventi climatici estremi. Tra i piani del Project 2025, l’agenda repubblicana dalla quale recentemente Trump si è discostato (ma dalla quale non è davvero distante) c’è una privatizzazione delle aziende che si occupano di meteorologia, potendole controllare e gestire esternamente. Quindi, come molti temono, pilotandone i contenuti.
Trump, come dicevamo, è andato in Georgia per stare vicino alle persone colpite e alle città danneggiate. Harris non ha preso la stessa decisione, assecondando - per ora - le decisioni dell’amministrazione di cui fa ancora parte e per cui ancora lavora, quella Biden. È tornata anticipatamente alla Casa Bianca, abbandonando i propri impegni elettorali. Ovviamente Trump ha criticato la propria avversaria per non essere corsa sui luoghi dell’emergenza, ma un funzionario del gabinetto per le emergenze della presidenza - Eric Holdeman - ha spiegato che: «Quando un presidente o un vice-presidente arrivano in un’area disastrata, tutti i mezzi di trasporto aerei devono rimanere a terra per ragioni di sicurezza. Non è il massimo interrompere l’attività di elicotteri o droni che stanno cercando di capire quanto è grave la situazione o di quali risorse si ha bisogno. Non servono distrazioni politiche».
Nonostante questo, nei giorni scorsi il Presidente Joe Biden (ve lo ricordate che lui è ancora il Presidente?) è stato nel North Carolina, per capire come gestire l’emergenza che ha definito: «la peggiore di sempre». Aggiungendo che arriverà prossimamente in Georgia e Florida: «È troppo pericoloso andare lì per me in questo momento, bloccherei gli aiuti e l’arrivo di risorse per via aerea. Posso osservare i danni dall’alto, ma non atterrare, per ora».
Nel 2005, il Presidente Bush era stato criticato parecchio per aver raggiunto nell’immediato le zone colpite dall’uragano Katrina, in particolare New Orleans. Lui stesso, tornando indietro a quel momento, ha ammesso di aver preso una pessima decisione e che le foto che lo ritraggono nella zona del disastro lo hanno fatto apparire «distaccato e menefreghista» in faccia ad una tragedia.
Durante la sua presidenza, Trump è inciampato diverse volte su questioni climatiche. Nel 2019 ha usato un pennarello per modificare una mappa delle zone colpite dall’uragano Dorian, mostrata in conferenza stampa. La modifica includeva l’Alabama tra le zone che sarebbero state colpite, affermazione falsa che ha condotto ad un’investigazione: è risultato che Trump ha tentato di falsificare i dati del National Oceanographic and Atmospheric Administration.
Parlando in questi giorni nella città di Valdosta, in Georgia, Trump ha detto di essere arrivato con «vagoni e vagoni» pieni di risorse, o come ha detto lui «pieni di roba». Ha anche detto: «Lo sapete, il nostro paese è nelle ultime settimane di una battaglia difficile che ha coinvolto tutta la nazione [quella elettorale, ndr]. Ma quando arrivano tragedie di questo tipo i nostri cittadini piangono e ci chiedono aiuto, allora tutto perde importanza. Non stiamo parlando di politica adesso».
Ah, a me sembrava di sì.
Cose che ho letto-visto-ascoltato questa settimana:
Ho visitato spesso il profilo Twitter/X del National Hurricane Center, potete farlo anche voi cliccando qui
Se siete un po’ nerd, può essere interessante capire come si gestiscono le emergenze climatiche altrove. Questo è il sito del governo con le indicazioni per i cittadini durante l’uragano Helene
Grazie per aver letto questo numero di Quarantasette. Noi ci sentiamo mercoledì prossimo.