Colpevole di tutte le accuse
La sentenza finale del processo Hush Money incastra Trump, che però non è davvero incastrato
Buongiorno!
sono Benedetta e questa è Quarantasette, la newsletter di Generazione sulla campagna elettorale americana. Alle prossime elezioni presidenziali mancano 151 giorni.
Dopo due giorni di camera di consiglio, i giurati coinvolti hanno giudicato Donald Trump colpevole di tutti i 34 capi d’accusa. Il processo - di cui abbiamo parlato spesso - si è svolto a New York, nel tribunale di Manhattan, che a questo punto potrebbe anche pensare di affiggere una targa: “qui è stato condannato il primo presidente degli Stati Uniti”.
Iniziamo.
Quel che vogliamo sapere tutti è se la condanna per questo processo significherà qualcosa per la corsa presidenziale di Donald Trump, ormai ufficiale candidato per il Partito Repubblicano. Sarebbe facile chiarirci le idee a riguardo se ci fossero precedenti storici rispetto a questa situazione. Trump, invece, ha fortuna anche in questo caso e la storia - qui - è tutta da scrivere.
Cominciamo con i fatti: Trump è stato giudicato colpevole rispetto a tutti i 34 capi d’accusa, ma ancora non abbiamo una sentenza. Il giudice della Corte Suprema di New York, Juan Merchan, ha programmato l’annuncio della sentenza per l’11 luglio. Nei prossimi giorni - per aiutare la Corte a decidere la pena - sarà richiesto all’ex presidente di tornare a New York ed essere interrogato rispetto ad alcuni passaggi della sua vita, sulla sua salute mentale e su alcune circostanze legate al caso appena concluso: sulla base anche di queste informazioni, la Corte produrrà la sentenza.
Le accuse a carico di Trump sono state classificate secondo il sistema della Corte di New York, che le ha giudicate come “Class E felony”: sono, cioè, considerate non troppo gravi, al contrario delle “Class A felony”. Quest’ordine un po’ estraneo a noi serve a capire che tipo di condanna aspettarsi dalla Corte di New York, che considera i reati di “classe E”, suscettibili sia a risarcimenti che a condanne di reclusione dai 16 mesi ai 4 anni. Secondo diversi esperti del sistema giuridico statunitense, è piuttosto remoto che Donald Trump possa finire in carcere, sia per la sua età avanzata (ha 77 anni), ma anche perché ha la fedina penale sostanzialmente pulita e non ha precedenti condanne a carico.
Merchan ha comunque altre opzioni. Può condannare Trump alla cosiddetta “probation”, cioè una sentenza che impone una sorveglianza sul soggetto condannato da parte delle autorità. Tuttavia, questo istituto va di pari passo con quello del “parole”, cioè della possibilità di accorciamento della pena in caso di buona condotta. Se venisse perseguita questa strada, Trump potrebbe anche viaggiare in altri Stati - o comunque condurre una vita semi-libera - a patto che i suoi spostamenti vengano approvati da un “parole officer”.
Lo sappiamo, per essere eleggibile come presidente degli Stati Uniti bisogna avere almeno 35 anni, essere cittadino per nascita e risiedere nel paese da almeno 14 anni. L’unico discrimine per la corsa alla presidenza che vagamente si avvicina alla situazione giuridica di Trump, è il divieto di candidatura per una persona che abbia partecipato ad un’insurrezione. Trump non è stato accusato di questo nel recente caso Hush Money, ma neanche negli altri tre ancora in sospeso.
Il team legale di Trump ha 30 giorni dalla diffusione del verdetto per annunciare il ricorso, e poi sei mesi per presentare tutta la documentazione necessaria. Qualsiasi ricorso, verosimilmente, andrebbe oltre la data elettorale finale del 5 novembre. Le elezioni primarie repubblicane hanno dimostrato che gli elettori non sono poi così scossi dai casi in cui Trump è coinvolto: è stato calcolato che una sua eventuale condanna potrebbe spostare il punteggio elettorale da 5 a 14 punti a favore del Presidente Biden. Secondo Reuters-Ipsos, questa forbice potrebbe allargarsi nel caso in cui Trump finisse in galera. Insomma gli elettori repubblicani un limite se lo mettono: va bene se ha usato i soldi della campagna per comprare il silenzio di una donna con cui tradiva sua moglie, ma se deve governare il Paese dal carcere è troppo anche per noi.
Tra i poteri del Presidente, poi, c’è quello di “pardon”, simile al potere di grazia del Presidente della Repubblica italiana. In molti temono che Trump, qualora vincesse le elezioni, possa procedere a graziarsi da solo. Non è chiaro - a livello giuridico - se un presidente possa esercitare questo potere verso se stesso. Tutta questa incertezza, in parte, gioca a favore della sua situazione e delle possibilità sostanzialmente infinite che può percorrere.
Dopo aver ricevuto il verdetto, a Trump è stato detto di essere libero e di non dover essere trattenuto in attesa della sentenza definitiva. Nell’aula con lui erano presenti Eric e suo fratello, i figli di Trump, che hanno preso parte a molte delle udienze del processo. Melania Trump e la figlia Ivanka, invece, non si sono mai fatte vedere. Fuori dalla Corte di Manhattan ha tenuto un breve punto stampa, dove si è detto innocente e ha dichiarato che il processo è stato “una disgrazia”, insistendo che il caso sia stato pilotato dal Presidente Biden. Ha detto: «È stato un processo architettato da un giudice corrotto» e ancora «il vero verdetto arriverà il 5 novembre, da parte del popolo, e loro sanno bene cosa sia successo qui».
Alvin Bragg, pubblico ministero del processo, ha detto: «Nonostante la difesa di questo processo sia qualcosa di mai visto nella storia americana, siamo arrivati a questo verdetto oggi nello stesso modo in cui siamo arrivati a qualsiasi altro caso: attraverso le porte della Corte. Abbiamo seguito i fatti e la legge, facendo ciò senza paura o favoritismi».
Il principale avvocato di Trump, il cattivissimo Todd Blanche, ha invece detto: «Non potete condannare il Presidente Trump per nessun crimine senza porre dei seri dubbi sulle parole di Michael Cohen» Cohen è l’ex fidatissimo di Trump, che nell’ambito dei pagamenti a Stormy Daniels avrebbe personalmente proceduto ad occuparsene. La sua testimonianza contro Trump è stata fondamentale nell’ambito di questo processo, ragione per cui gli avvocati dell’ex presidente si sono piuttosto arrabbiati con lui, urlandogli in faccia durante le sue disposizioni in tribunale. Blanche ha aggiunto: «Alla fine dei conti resta vero che se Michael Cohen non fosse mai stato ascoltato oggi il Presidente Trump non sarebbe condannato». Ha aggiunto anche che New York non è il luogo giusto per giudicare Trump.
Più o meno come qualsiasi grande o piccola sconfitta che capiti a Trump, anche in questo caso ha detto di essere vittima di qualche strana architettura. Il Washington Post ha scritto, su questa sua tendenza a vedere ovunque complottismo e architetture che sfuggono ai più: «Dice che qualsiasi cosa sia architettata, sempre, con una frequenza che mettere in imbarazzo anche un pappagallo per quanto si sta ripetendo». La più grande architettura mai denunciata da Trump, ve lo ricorderete, è la perdita alle elezioni del 2020, per cui ha convinto i suoi lettori di essere vittima di un broglio, aizzandoli fino all’attacco a Capitol Hill, di cui tutti - ancora - ricordiamo i folkloristici protagonisti.
Ad ottobre 2018, in un momento di lucidità, ha anche ammesso: «Dico spesso che questo paese viva di architetture. Ma ci stiamo pensando noi a chiarire le cose. Ma sì, era un sistema architettato. Molte cose sono architettate». Vorrei potervi offrire una traduzione più ascoltabile delle sue dichiarazioni, ma purtroppo sono esattamente così anche in inglese.
Attenderemo, con pazienza, l’arrivo della sentenza. Ieri si sono tenute le primarie repubblicane in Montana, New Jersey, New Mexico e South Dakota: ci sarà utile seguire i risultati per capire come e se il risultato stia oscillando dopo la condanna. Per la fine del mese e pe
r luglio, invece, ci aspetteranno le convention democratiche e repubblicane, di cui parleremo nelle prossime settimane, è forse il momento più divertente di tutti. Si organizza come una grande festa e spesso tende verso una grande scazzottata. Non vediamo l’ora
Cose che ho letto-visto-ascoltato questa settimana:
Una guida alle elezioni europee per gli americani, di Politico
Grazie per aver letto questo numero di Quarantasette. Noi ci sentiamo mercoledì prossimo.