Più che una campagna elettorale è una lotta
La condanna di Hunter Biden e il ruolo delle posizioni simboliche
Buongiorno!
sono Benedetta e questa è Quarantasette, la newsletter di Generazione sulla campagna elettorale americana. Alle prossime elezioni presidenziali mancano 144 giorni.
Questo fine settimana ci sono state le elezioni europee, tra le più importanti di questo 2024 molto democratico. Adesso, possiamo concentrarci più serenamente sulla tornata elettorale di cui ci occupiamo su Quarantasette, quella statunitense. Se hai voglia di condividere questa newsletter e pensi che possa interessare a qualcuno, puoi cliccare su questo link. Intanto, grazie per esserci.
Oggi parliamo un po’ di gun violence - il tema della settimana - e della prima proiezione elettorale considerata come affidabile: quella di 538, la sezione statistica di ABC News.
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Iniziamo.
Dicevamo, questa settimana si è parlato molto di gun violence negli Stati Uniti. Le ragioni sono due: la prima ragione è che il Presidente Biden ha partecipato al “Gun safety summit”, dove ha illustrato le mosse che la sua amministrazione intende prendere per combattere la violenza che deriva dal possesso diffuso di armi. Al summit hanno partecipato sopravvissuti o familiari di persone che hanno perso la vita in sparatorie. Biden ha detto: «Attraverso le vostre parole, contribuite a fare in modo che tutte le vittime della violenza da armi da fuoco non vengano dimenticate, che non siano morte invano. Attraverso il vostro amore, aiutate a prevenire la prossima tragedia e a salvare vite». Ha anche detto che, da quando si è insediato, i crimini violenti si sono ridotti ad un minimo storico: non erano così bassi da 50 anni. Il suo discorso è stato particolarmente apprezzato, tanto che i giovani presenti (molti) si sono impegnati in un coro per lui dicendo “four more years!” cioè “altri quattro anni!”.
Quando si è candidato alla presidenza, Donald Trump ha detto ai propri elettori che portare alla vittoria Joe Biden avrebbe aumentato i crimini e la violenza nelle strade americane. In realtà, nonostante le restrizioni causate dal covid-19, è durante la presidenza Trump che i crimini violenti sono aumentati, con una tendenza che è arrivata fino al primo anno di presidenza Biden, iniziando a scendere al termine di questo. Lunedì scorso, l’FBI ha diffuso nuovi dati rispetto ai crimini negli Stati Uniti, dicendo che nella prima parte del 2024 sono diminuiti del 15% rispetto all’anno precedente. I crimini riguardo le proprietà sono diminuiti anch’essi del 15%, gli omicidi - invece - del 26%.
Possiamo considerare che questo dato sia destinato a rimanere tale almeno un altro po’, ma l’avvicinarsi di una fase più intensa di questa campagna elettorale potrebbe condurre a qualche episodio violento, tipico di quando a scontrarsi sono due personaggi così diversi, di cui uno è solito aizzare le folle in proprio nome.
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La seconda ragione per cui si è parlato molto di armi, è che il figlio del Presidente Biden, Hunter Biden, è stato condannato per il possesso illegale di un’arma, che ha avuto con se per 11 giorni. Negli Stati Uniti non è di per se illecito possedere un’arma, anzi - questo è proprio il punto del problema - ma è illegale averla se si è dipendenti da droghe illegali, come nel caso di Hunter Biden. È la prima volta che viene condannato il figlio di un Presidente, ma mi sembra che quest’anno, da questo punto di vista, stiamo marcando vari record.
Hunter Biden rischia un massimo di 25 anni di prigione e una multa da 750mila dollari. Tuttavia, è improbabile che possa finire davvero in carcere, sempre per la ragione che accennavamo nello scorso numero: se non si è condannati per reati violenti si trova - spesso - un modo per cavarsela con altre vie.
Settimana scorsa discutevamo della possibilità di esercitare il potere di “pardon”, ossia di grazia, di cui gode il Presidente degli Stati Uniti, un po’ come il nostro Presidente della Repubblica. Ne parlavamo perché molti hanno suggerito che Trump, qualora venga eletto, potrebbe addirittura perdonarsi da solo. Esattamente come in quel caso, anche in questo è difficile che il Presidente Biden grazi suo figlio. Nonostante abbia detto che non lo farebbe mai, Biden ha anche dichiarato che accetterà la sentenza così come arriverà. Si tratta di una dichiarazione - ovviamente - senza valore coercitivo, ma con un grande valore simbolico. In questo periodo di scontri, battibecchi e rincorse tra i due candidati, Biden ha sfruttato il caso di suo figlio - e l’imminente sentenza - per dimostrare al suo elettorato di sapersi comportare in modo opposto al suo avversario. Trump è diventato famoso - tra le varie ragioni - per la sua incapacità di accettare le cose come stanno, soprattuto se sono decisioni di un tribunale, soprattutto se lo penalizzano. Ne parlavamo la scorsa volta, vede delle «architetture» dappertutto, posizionandosi spesso appena un passo prima del complottismo. Con questa presa di posizione, Biden, si è messo nel posto giusto al momento giusto. Ma la politica americana è sostanzialmente questo, un gioco di incastri in cui - azzeccare quello migliore - può spesso non significare nulla.
A questo proposito, in settimana è uscita una prima affidabile proiezione di chi potrebbe vincere le elezioni presidenziali. Secondo 538, la sezione statistica e data di ABC News, Biden è considerato vincitore il 529 simulazioni su 1,000 e Trump ne vince 467. Nelle 4 simulazioni rimanenti nessun candidato riesce ad affermarsi. I sondaggi più affidabili - presi in considerazione da 538 - sono stati raccolti da YouGov, proprietà di CBS News, da Yahoo News, dall’Emerson College e da The Economist. Nei primi due casi la vittoria viene consegnata a Donald Trump, mentre gli altri due sondaggi propongono una parità.
ABC News ha detto che d’ora in poi aggiornerà questi sondaggi quotidianamente e ha spiegato come li conduce. La loro prima fonte sono le opinioni di voto dichiarate dagli elettori, in seconda battuta si affidano a indicatori economici e politici, che possono aiutare nella conduzione delle previsioni. Per esempio, hanno calcolato l’indice di crescita economica e l’indice di crescita dell’ottimismo ogni giorno dal 1944, raccogliendo anche l’approvazione popolare di ogni presidente a partire da Franklin D. Roosevelt, producendo una formula in grado di prevedere i risultati elettorali per ogni Stato, unendo poi questi dati ad altre rilevazioni locali. In questo momento, dicono, Trump è sopra Biden nella maggior parte dei sondaggi che riguardano gli “swing states”, cioè gli stati in cui la partita non è ancora definita.
Hanno anche detto che in questo momento della corsa elettorale i sondaggi possono incorrere in qualche errore, prevalentemente per due ragioni: è presto e (soprattutto) le fluttuazioni dell’elettorato sono soggette a così tanti fattori “ambientali” - tra cui il comportamento dei candidati - che non avremo mai a disposizione un sondaggio davvero soddisfacente.
Nonostante questo, continueremo a seguire l’andazzo di questa faccenda e a osservare il movimento dei sondaggi, ci resta poco altro da fare.
Cose che ho letto-visto-ascoltato questa settimana:
Per leggere le simulazioni di 538, si può cliccare qui
Grazie per aver letto questo numero di Quarantasette. Noi ci sentiamo mercoledì prossimo.