Cosa pensa la comunità nera di Kamala Harris?
A pochi giorni dalle elezioni, il Partito Democratico sta mettendo in campo ogni risorsa (Barack Obama)
Buongiorno!
sono Benedetta e questa è Quarantasette, la newsletter di Generazione sulla campagna elettorale americana. Alle prossime elezioni presidenziali mancano 19 giorni.
Questa settimana il Partito Democratico si è impegnato parecchio nei confronti della comunità nera. Giovedì l’ex presidente Barack Obama ha parlato ad un gruppo di uomini neri, accusandoli di non essersi mobilitati a sufficienza nei confronti della candidatura di Kamala Harris e suggerendo che alla base di questo comportamento ci sia una bella dose di misoginia.
Iniziamo.
Un sondaggio curato dal Washington Post e da Ipsos ha rivelato che, dopo la sostituzione di Biden con Harris, la comunità nera negli Stati Uniti si è piuttosto impegnata per mostrare il proprio supporto alla nuova candidata. È risultato che - dei 1.083 americani intervistati - il 69% è «assolutamente certo» di votare a novembre.
Harris, più o meno esplicitamente, ha reso uno dei punti principali della sua campagna elettorale la ricerca di una fetta di elettorato simile a quella consolidata da Barack Obama nel 2008: inclusiva, multiculturale, nera. Il consenso raccolto, per ora, certifica che Harris sia riuscita a raccogliere intorno a se le persone che cercava, precisamente: elettrici democratiche, giovani, che prima del suo arrivo non avevano intenzione di votare. Genericamente, le persone nere che con il suo arrivo hanno consolidato l’idea di votare, sono molte.
Ad aprile, il 74% degli intervistati erano convinti che avrebbero votato per Biden, adesso l’82% ha dichiarato che sosterrà Harris. Tra le donne nere con meno di 40 anni, il 76% è convinto di voler votare per lei, con Biden erano il 57%.
Circa 7 americani neri su 10, dicono che per loro è importante che Harris diventi la prima donna a ricoprire la carica di presidente. Molti credono che possa aiutare la comunità nera qualora venisse eletta: 6 persone su 10 hanno detto che secondo loro creerà delle politiche di “protezione” ad hoc. Abbastanza naturalmente, gli americani neri si fidano più di Harris che Trump. Tra i dati più interessanti: Harris ha raccolto 59 punti in più di Trump nella capacità prevista di proteggere la democrazia americana.
Quasi 9 persone su 10 dicono che Harris ha la salute e la forza fisica adatte a occupare il ruolo di presidente, cosa che non viene similmente riconosciuta a Trump (ci arriveremo a breve). Circa 8 persone su 10 pensano che Harris sia un buon punto di riferimento per i giovani; 7 su 10 sostengono che Harris è genuinamente interessata alle persone come lei e che è meritevole di fiducia.
Circa 8 persone su 10, l’86%, dicono che Harris sa bene cosa significa essere una donna negli Stati Uniti. Secondo più o meno la stessa percentuale, le caratteristiche di Harris - il fatto che sia nera e sia una donna - l’aiuteranno nell’elezione. Circa 4 persone su 10 sostengono invece il contrario: cioè che essere donna rappresenterà un pericolo o una difficoltà.
Un’interessante intervista di NPR, invece, ha rivelato che il sentore di molte donne è che gli uomini neri non siano pronti a votare una donna. Cherita Evans, una parrucchiera di Rocky Mountain, in North Carolina, ha detto: «Nella mia comunità ci sono un sacco di uomini che non accettano neppure che ci sia una leader donna nella loro chiesa».
Esattamente questo punto è stato toccato da Barack Obama in una recente apparizione a Pittsburgh, seguendo la campagna democratica in giro per il paese.
Obama ha detto che aveva voglia di «dire un po’ di verità». Ha detto: «Mi sembra di capire, sulla base dei dati che sto ricevendo dagli uffici di campagna elettorale e dalle comunità, che non stiamo ancora raccogliendo la stessa energia e gli stessi risultati - nei quartieri e nelle nostre comunità - che stavamo registrando quando il candidato ero io […] e questa cosa sembra riguardare prevalentemente gli uomini».
Si è poi rivolto in particolare agli uomini presenti nella stanza, domandandogli come sia possibile che ci sia questo livello di indecisione, considerato che l’alternativa ad Harris sia Trump: «Da un lato avete qualcuno che è cresciuto come voi, che vi conosce, che è venuto al college con voi, capisce le vostre fatiche e la gioia che viene da queste esperienze […] Dall’altra parte avete qualcuno che vi ha sempre disdegnato, non solo le vostre comunità, ma voi come persone… è state ancora valutando di non votare?».
Non ha fatto molti altri giri di parole prima di dire: «State trovando ogni tipo di scusa, e a me non sta bene. Una parte di me mi fa pensare - e mi rivolgo direttamente agli uomini - una parte di me mi dice che, beh, non riuscite ad accettare l’idea di avere una donna presente, e state cercando alternative e ragioni per giustificarvi».
Harris, con la sua campagna elettorale, sta tentando qualche passo verso la comunità nera, in particolare la sua frazione maschile. Sta passando per college rinomatamente a maggioranza nera, partecipando ai cosiddetti “tailgates”, ovvero delle grigliate molto americane che si fanno - tradizionalmente - nel retro della propria automobile. Ha anche partecipato ad una puntata del podcast All the Smoke, condotto da Matt Barnes e Stephen Jackson, due ex star dell’NBA, con cui ha parlato esplicitamente della propria identità.
Nel fine settimana è stata in North Carolina, dove ha incontrato i leader di diverse comunità nere locali. Domenica, invece, ha partecipato ad un church service a Greenville - una celebrazione religiosa un po’ diversa da quelle a cui siamo abituati noi - dove poi ha tenuto un comizio.
A così pochi giorni di distanza dal voto, sembra che il Partito Democratico stia giocando tutte le proprie carte migliori, cercando di stabilire un contatto capillare con il proprio vasto e diverso elettorato. L’intervento di Obama, che non è il primo e non sarà neppure l’ultimo, è stato molto efficace mediaticamente. Le sue affermazioni sono circolate parecchio, soprattutto quelle rivolte direttamente agli uomini. Tra queste, una in particolare è diventata virale: «Le donne nelle nostre vite ci hanno sempre difeso. Quando ci mettiamo nei guai e il sistema non funziona più, sono loro che protestano e marciano con noi. E adesso, voi state pensando di non votare o si supportare qualcuno che ha una storia di denigrazione nei vostri confronti [Donald Trump, ndr], perché credete che questo sia un segno di forza, questo è ciò che significa essere uomini? Denigrare le donne? Non è accettabile».
C’è qualcosa da raccontare anche su Donald Trump. Lunedì sera si trovava ad Oaks, in Pennsylvania, dove si stava tenendo un town hall meeting: uno di quegli incontri in cui è previsto un botta e risposta con il pubblico, che può porre domande al candidato in visita.
Dopo aver risposto ad un paio di domande, ha interrotto la moderatrice e ha detto: «Non continuiamo con le domande. Ascoltiamo un po’ di musica. Rendiamole musica. Chi diavolo vuole ascoltare domande, giusto?». Da questo momento in poi, per 39 minuti di orologio, ha accennato qualche movimento di bacino, dondolato qua e la, mentre nella sala piena di elettori interessati ad un confronto suonavano canzoni di vario genere.
In tutto, si sono susseguiti nove pezzi, sui quali non ha proferito parola, usando quel tempo per stringere le mani ad un po’ di persone sotto il palco. Poi tornava indietro, annuiva e applaudiva, si muoveva un po’.
Quel che è successo è che qualcuno dal pubblico si è sentito male ed è svenuto. Mentre il personale sanitario prestava assistenza a chi ne aveva bisogno, Trump e la moderatrice hanno atteso sul palco. Una volta superata l’emergenza, Trump ha parlato per qualche altro minuto prima di richiedere che venisse messa la musica. Il pubblico è rimasto indeciso per un po’ sul da farsi: non era chiarissimo se l’evento si fosse concluso, se avrebbe parlato ulteriormente o se sarebbe sceso dal palco.
Dopo un po’ di canzoni, quando lo staff dell’incontro ha iniziato a fargli notare che le persone non sapevano bene come prendere questo lungo siparietto, ha detto: «Nessuno se ne sta andando. Che succede? Nessuno sta andando via. Continuate con la musica!» e così è partita “Hallelujah” nella versione di Rufus Wainwright: «Avanti, alzate la musica! Alzate. Canzone meravigliosa!».
Kamala Harris ha commentato questo episodio suggerendo che Trump non stia bene, che sia instabile. Mette in dubbio, dice, le sue capacità mentali.
Ripagati con la loro stessa moneta.
Cose che ho letto-visto-ascoltato questa settimana:
I sondaggi del Washington Post-Ipsos si leggono qui
Il discorso completo di Kamala Harris nella chiesa di Greenville
Grazie per aver letto questo numero di Quarantasette. Noi ci sentiamo mercoledì prossimo.